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Dolce finale
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Cazzo.
Il Biani, sempre una spanna sopra.
Lo dico da sincero(?) ignorante quale sono: certe volte per me quella spanna è pure troppo.
Stavolta, no.
Applausi.
(poi graficamente mi piace moltissimo. è di un’eleganza e al contempo di una naiveté – si scrive così? – imbarazzanti. imbarazzanti nel senso buono, intendo.)
la spanna c’è per come rischia, dico io.
stavolta quella dida in fondo alla vigna è stato uno scaletto che m’ha aiutato a comprendere, l’ho apprezzato. parlo per me.
bello, bravo. anzi mo quasi quasi l’offendo così facciamo 100 commenti…
il passaggio al digitale è stato un saltone comunque e continua a migliorare.
Non facile e non immediato, vien da leggerlo e rileggerlo finché entra sottopelle.
Bellissimo.
Rischio? Boh. Dicevo stavolta è proprio “roba presa di petto” mio. Attendo martellate in capa.
Sincera, questo mi piace.
Ammetto che senza la dida in fondo avrei faticato a coglierla, ma con essa tutto torna.
biani rischia.
questo mi piace.
se ne sbatte -credo- del rischio “see, ha buttato giù la poesiola”.
biani si stura un orecchio (che così visualizzo la colata di immagini e parole di quest’ultima opera) e lascia scender giù pensieri e figure.
il pasolini del finale di mamma roma (col suo agghiacciante borgataro in mutande e canottiera a salmodiare allucinato su un tavolaccio di contenzione, in un tagliente b/n) e il picasso di guernica si sono dati appuntamento su questo nastro di carta moschicida in forma di scroll.
biani rischia, l’ho detto?
E.
appendemmo alle fronde del salice le nostre coscienze, in attesa del primo che avrebbe dato il via alla carneficina.
Sì Rael, o -attendendo che qualcuno facesse il lavoro sporco per noi-.
è vero, non è immediata… ma cavolo quant’è bella…